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Mi capita frequentemente in studio di incontrare pazienti che raccontano come una precedente psicoterapia abbia fortemente contribuito ad incrementare la rabbia e l'odio nei confronti di un genitore, di un partner, di un figlio.
Credo che questo fenomeno avvenga nella maggior parte dei casi per una proiezione di conflittualità irrisolta dello stesso terapeuta all'interno delle dinamiche della relazione analitica.
La colpa data agli altri è sempre foriera di cattive emozioni e non credo possa risolvere un conflitto profondo.
Devo spesso riequilibrare il rancore di un paziente giustificato dal fatto che la sua infelicità, il suo mal di vivere , come lo definisce Montale, dipenda esclusivamente da un trauma patito nell'infanzia a causa dell'assenza o dell'attrito con un genitore.
" Chiudi il rapporto con tuo padre", " Chiudi il matrimonio con tuo marito", " Non vedere piú tua madre" sono esortazioni che non condivido e che ritengo fortemente lesive del libero arbitrio del paziente.
Un'altra condizione che si verifica spesso e che reputo profondamente nefasta è la dinamica del transfert morboso esasperata dalla eccessiva frequenza delle sedute di psicoterapia. Tre sedute di psicoterapia alla settimana per dodici anni con lo stesso terapeuta sono troppe e patologicamente regressive e destrutturanti.
L'alleanza terapeutica che diviene simbiosi, transfert e controtransfert tra terapeuta e paziente non credo porti assolutamente ad una possibile risoluzione delle dinamiche conflittuali.
Utilizzando l'ipnosi regressiva evocativa occorre prestare ancora maggiore attenzione a riequilibrare tematiche inconsce legate all'aggressività ed alla proiezione della collera sugli altri. Considero controindicata l'ipnosi regressiva se i nuclei di odio o di autolesività superano una soglia di guardia.
Scrivo questo articolo dopo una seduta di ipnosi regressiva con la fondata speranza di avere risolto profondamente il rancore che un giovane di vent'anni provava verso il padre che gli era stato fomentato da un collega ancora molto bisognoso di supervisione.
Non si deve mai giustificare l'odio, non si deve mai allearsi con il paziente inglobandolo in un limbo protettivo che svicoli nella morbosità, nella celebrazione reciproca, nella idealizzazione simbiotica.
Esistono dinamiche karmiche e spirituali che indirizzano il nostro cammino evolutivo e che non sono affrontabili con la sola psicoterapia.
L'ipnosi raggiunge il cuore del problema (se di vera ipnosi si tratta) e concede al cercatore del Sè di spegnere le stanze del DNA dove le lampadine di Guernica dilapidano inutilmente l'Amore.
E ora ti domando: Ti è capitato di essere fomentato di rabbia da un terapeuta nei confronti di tuo padre, di tua madre, di un figlio, di un partner? Hai una relazione simbiotica morbosa con il tuo terapeuta? Se provi rabbia dentro di te, questo sentimento è calato o cresciuto nel corso della psicoterapia? Hai mai ricevuto durante la psicoterapia consigli drastici di chiudere una relazione famigliare o sentimentale?
Buone vite Angelo Bona